martedì 18 maggio 2010

Appunti di geografia calcistica (parte III)

Noi non sappiamo cosa Vasilij Michail'ovyč Lobanovs'kyj raccontò al suo figlio minore, Valerij, della partita della morte. Noi la partita della morte l'abbiamo vista trasfigurata in un film molto famoso, in cui Pelè gioca nella stessa squadra di Rocky Balboa, ma Vasilij Michail'ovyč, l'operaio, non ebbe modo di assistere alla vera, perché questa fu giocata nello stadio Zenith di Kiev il 9 agosto del 1942, e nello stadio Zenith quel giorno c'era un tifoseria un po' particolare.
Non c'erano ucraini, né nello stadio né a Kiev, perché la città era sotto l'occupazione tedesca. Per divertire i gerarchi e le loro famiglie fu organizzata come simpatico passatempo una partita di calcio tra una selezione di ufficiali delle SS e una squadra che raccoglieva giocatori delle squadre locali, Lokomotiv e Dinamo. Gli ucraini non abdicarono al ruolo di calciatori e, nonostante i pressanti inviti ricevuti in tal senso, si rifiutarono di lasciar vincere coloro che, con ogni probabilità, avevano abdicato al ruolo di uomini.
Come premio, ebbero morte, deportazione e tortura.
Quindici anni più tardi, Valerij Vasyl'ovyč Lobanovs'kyj fece il suo esordio con la maglia della Dinamo. Nessuno si sarebbe aspettato che quel ragazzo longilineo e taciturno potesse essere schierato sull'ala sinistra, da sempre regno calcistico di soggetti minuti e dalla gamba agile. Valerij era legnoso, dava sempre l'idea di perdere il pallone, ma nel suo caracollare, nel suo muoversi in bilico, ubriacava gli avversari, increduli per l'essere sorpassati da tanta lentezza.
Le cronache narrano che i tifosi della Dinamo neanche respirassero per tutta la durata della traiettoria dei suoi calci d'angolo. Valerij disegnava curve elegantissime che andavano spesso a terminare nell'incrocio dei pali opposto della porta avversaria. Altrettanto preciso era nei calci di punizione. La sua carriera calcistica si articola tra Dinamo Kiev, Čornomorec' Odessa e Shaktar Donetsk (non si scrive proprio così, ma è per capirsi), sempre tra ieratici dribbling, come uno che cerca di fregare la fila alle poste, lo sguardo assente, serio, distante.
Pare che dietro quell'aria scontrosa celasse già propositi di allenatore. Predisposto allo studio, incline all'astrazione, traeva quasi più soddisfazione dagli allenamenti che dalle partite ufficiali. La sua palestra di tecnico furono i quattro anni al Dnipro Dnipropetrovsk, prima di approdare, nel 1974, alla squadra della sua città, la Dinamo Kiev.
Già al primo anno, condusse la Dinamo alla vittoria, che rimase l'unica nelle coppe europee per le squadre russe, della Coppa delle Coppe. Fin dall'inizio, Valerij Lobanovs'kyj impose la sua maniacale attenzione sull'organizzazione di gioco, dettando le premesse per quello che sarebbe diventato il calcio moderno. Pur senza rinunciare al talento individuale, diede alla sua squadra la forma di una mente collettiva. L'idea, in poche parole, era questa: correre fin dove il pensiero degli avversari non potesse arrivare, pensare fin dove le gambe degli avversari non potessero correre. L'inedita cura per la preparazione atletica era abbinata a una meticolosa suddivisione dei compiti e dei movimenti.
Il giocatore che incarnò alla perfezione la sua idea di calcio, durante il primo insediamento (sedici anni) sulla panchina della Dinamo, fu Oleh Volodymyrovyč Blochin, genio e polmoni, silenzioso e mancino. Wikipedia vuole che allenasse il piede destro tirando a ripetizione verso una porta suddivisa in zone numerate.
In occidente, questa rivoluzione calcistica causò un notevole spiazzamento. Non conteneva in sé i germi reazionari e fideistici che avevano dilagato negli assetti politici, anzi era autenticamente proiettata nel futuro, soprattutto per la sua pretesa vocazione "scientifica". In questo senso, Lobanovs'kyj non fu un "mago", uno stregone di quelli che ci piace ancora vedere allenare con il loro carico di tappeti e fumo venduto al triplo del prezzo. Sua fu la frase, ripresa da F. Scoglio prima e da F. Battiato poi, per cui "il calcio è numero" (o matematica, che dir si voglia). Agli alambicchi, alle macumbe, al sale sparso dietro la porta, con Valerij Vasyl'ovyč Lobanovs'kyj subentrano nel calcio i teoremi, le equazioni, i diagrammi. (continua)

Arturo

6 commenti:

sigosiendobostero ha detto...

Che posto suggestivo l'Ucraina. Bisognerebbe partire per Kiev e scendere il corso del Dnepr fino al Mar Nero.

Infine, qualche giorno nell'(immagino)elegantissima Odessa.

Unknown ha detto...

Condivido l'ideale percorso di viaggio. Peraltro, non avevo la più pallida idea che la partita della morte fosse stata effettivamente giocata, e dalla Dinamo Kiev (che si candida, per quel che mi riguarda, a essere una delle maglie più gloriose d'Europa).
Nel viaggio, una tappa d'obbligo sarebbe assistere a una partita allo stadio Lobanovsky!

el señor dionigi ha detto...

"sempre tra ieratici dribbling, come uno che cerca di fregare la fila alle poste" è una frase stupenda. Grazie Arturo!

Avevo letto di questa storia della partita nazista un paio di settimane fa su Behind the curtains, sottolineando vari passaggi che mi avevano emozionato. Ora non ce l'ho con me ma prometto di ritrovarli e, in caso, di aggiungere qualche dettaglio al tuo bellissimo racconto.

Lobanovsy allenatore è considerato, forse in maniera un po' semplicistica, ma probabilmente corretta, colui che ha trasposto gli ideali sovietici e collettivistici in campo, le sue squadre essendo delle vere e proprie macchine. E' bello ricordarselo ubriaco, col volto rubizzo, nelle partite di Champions League mentre tutt'intorno c'è una bufera di neve.

Sinceramente per una volta forse non concordo sul viaggio, tra i tanti posti l'Ucraina non mi sembra proprio il più "suggestivo". Magari ecco vi aspetto ad Odessa..

Infine, non per fare il pignolo, se ho capito bene, ma la Dinamo Kiev non è l'unica squadra dell'URSS ad aver vinto una coppa europea, negli anni ottanta ci riuscì anche la Dinamo Tbilisi..
Ciao!

Unknown ha detto...

Ciao Dionigi, intanto grazie per la correzione, che mi riempie di felicità ex tunc per la Dinamo Tbilisi, squadra che accendeva i miei entusiasmi infantili, insieme all'Honved di Budapest e l'Apollon di Limassol.
Ho sempre sentito dire che Kiev sia una città bellissima, quindi forse una volta che uno si trova a Odessa un salto ce lo può anche fare, insieme a Corto Maltese, ovviamente, che ci raggiungerebbe da Astrakhan o come si scrive.
Aggiungi quando vuoi i dettagli sulla partita della D. Kiev, sarebbe molto interessante!

el señor dionigi ha detto...

Affare fatto, mi avete convinto, un martini insieme a voi due, nel bar di qualche hotel del centro di Kiev, me lo vengo a prendere.

(Immaginatevi per un momento la scena. Dobbiamo prenderci: una macchina, un paese e un mese della nostra vita. Poi giriamo bar, appartamenti, ristoranti, librerie, stadi, raccogliendo interviste, fotografie e materiale. La sera, in alberghi dalla luce fioca, scriviamo il Grande Romanzo Calcistico)

Lorenzo Vercellati ha detto...

Bellissimo post.
Solo una correzione: la Dinamo Kiev ha vinto la coppa delle coppe anche nel 1986: 3-0 all'ateltico madrid al termine di una cavalcata trionfale durata tutta la competizione.