lunedì 24 maggio 2010

Non è tutto oro quel che luccica

Doverosi, quanto meritati, sono i complimenti ad una società, un presidente, un tecnico ed una squadra che ha saputo vincere praticamente ogni competizione che ha disputato in questa stagione.
Finale di Champions che si snoda come, dai più, previsto ed annunciato: un’Inter che interpreta il vecchio catenaccio in chiave moderna con tanti attaccanti che fanno i centrocampisti piuttosto che con qualche centrocampista e qualche difensore in più.
Ripartenze degne di Usain Bolt precise e puntuali come fossero state dipinte sui taccuini di Mou.
Una squadra, quella nerazzurra, che ha giocato nel modo giusto, aspettando il Bayern ben conscia del fatto che in un 4-4-2 come quello bavarese gli unici in grado di cambiare la partita sono solo le ali e se di fatto ne hai solo una, anche se fortissima (Robben), può risultare relativamente facile arginarne l’azione ed essere pronti a sguinzagliare contropiedi precisi e puntuali.
Se poi davanti hai un giocatore come Diego Milito (cervello calcistico sopraffino) allora tutto è anche più semplice.
C’è una cosa che però stride con questi trionfalismi internazional-popolari, il post partita.
Moratti stesso ha evidenziato il pessimo tempismo del Tecnico di Setubal nell’annunciare il suo ricco trapasso alle merengues.
Se, tuttavia, a questo epilogo eravamo un po’ tutti preparati, le frasi dell’eroe argentino non erano di certo altrettanto scontate: «Se resto il prossimo anno? Speriamo, nel calcio non si sa mai. Ringrazio l'Inter, il presidente, il mister per avermi voluto l'estate scorsa. Sono felice, poi per il prossimo anno vediamo».
Nel calcio si sa ormai lo spazio riservato alla compagini “povere” è pochissimo, e questi double, triplete, penta trionfalismi non fanno altro che dimostrare che il vincere nel pallone è altamente condizionato dal potere economico (l’unico esempio contrario è forse il Madrid che ha comunque conquistato 96 punti nello scorso campionato!).
Il risvolto della medaglia caro Moratti è proprio questo: con i soldi puoi forse compare il miglior attaccante, puoi comprare il miglior tecnico ed il miglior portiere, ma non puoi comprare il loro amore per la maglia.
Se penso alla Juve di qualche anno fa mi viene in mente che giocatori come Trezeguet, Camoranesi, Del Piero e Nedved (oltre tanti altri) sono rimasti in squadra dopo le sconfitte e la retrocessione perché quella maglia aveva ormai marchiato la loro pelle, Totti pur se accostato ai più grandi club del mondo concluderà la sua fantastica carriera a Roma e De Rossi, se il debito dell’Italpetroli lo permetterà, farà lo stesso, l’amore ed il rispetto dei giocatori del Milan per la squadra poi è ben visibile in tutti i livelli societari e non della compagine di via Turati (ed è forse anche uno dei problemi del Milan attuale!).
Diego Milito, uno che fino a quest’anno aveva vinto un dignitosissimo campionato di serie b con il Genoa, nel giorno più bello, dopo aver segnato un doppietta nella finale di Champions, si esprime in quel modo… bè questo è il potere del soldo, questo è il risvolto tetro e triste del calcio moderno.

Eddie

5 commenti:

Luca ha detto...

Che dire... nello stordimento euforico di sabato sera (ebbene sì, anche il carosello ho fatto) le reazioni a caldo dei protagonisti assoluti della stagione nerazzurra, Mourinho e Milito, mi sono scivolate addosso. A freddo, invece, il tutto acquista ben altro sapore. Possiamo chiamarlo pessimo tempismo, indelicatezza, difetto del senso dell'opportunità. Direi anche mancanza di rispetto verso la società, verso la squadra e verso i tifosi. Quale impellenza avevano i menzionati fuoriclasse di puntualizzare anche mentre festeggiavano la vittoria più prestigiosa, di mettere subito in chiaro che erano disponibili, a pagamento s'intende? Forse Mourihno temeva che Perez non lo aspettasse altri 2 giorni? (o una settimana, visto che aveva preallertato)
Vero é che a chi vince viene perdonato tutto o quasi. E se da Mou era prevedibile una fuoriuscita scenografica, ma non lo giustifico, sentire anche l'osannato bomber mettere immediatamente in discussione il proprio futuro genera tristezza e anche un po' di rabbia; anche se l'Inter, specie negli ultimi anni, non ha certo rappresentato il modello di "squadra" nel senso di coesione e gruppo. Tornando al punto in questione, é di cristallina evidenza che nel calcio contano i soldi e poco altro. L'attaccamento alla maglia é demodé, e residua sempre meno spazio per affezioni di natura diversa da quella aurea. Denaro e successo (che perlopiù vanno a braccetto) nell'ordine, le priorità dei calciatori. Verrebbe da dire: perché biasimarli? Tendenzialmente trovo ridicolo chiedere ai calciatori, ma il concetto potrebbe essere esteso a molte altre categorie di professionisti, prestazioni esemplari in ogni campo del vivere: e se ciò vale, ad esempio, per i comportamenti nelle relazioni private, a maggior ragione deve valere per il rapporto di lavoro. Peraltro devono fare i conti con una carriera breve, ed é comprensibile che abbiano la tentazione di sparare subito tutte le cartucce.
Tuttavia un qualcosa di loro rimproverabile c'è: l'atteggiamento. Legittimo, seppur opinabile, è il comportamento di coloro che inseguono il successo ad ogni costo, nel miraggio di avere/guadagnare/vincere di più (spesso anche un quid pluris ridicolo, in proporzione) fottendosene se ciò significa autorecludersi in ruoli marginali, festeggiare dalla panchina e, talvolta, rinunciare al ruolo di leader della propria squadra e di idolo della curva.
Facciano pure. Ma almeno non si lancino in dichiarazioni della serie: "rimarrò a vita", "é un sogno vestire la maglia della squadra X". Un sogno breve, di solito. Sto banalizzando, ma é proprio necessario per dei milionari prostituirsi davanti a tifosi e giornalisti? Probabilmente non conosco abbastanza le dinamiche del mondo calcistico, e la pressione che gli interessi in ballo esercitano risulta irresistibile anche per i fuoriclasse, a dispetto delle etichette.
Come esprimere in sintesi l'idea del calcio professionistico, allora? Un satellite sferoidale di cuoio che orbita intorno al dio denaro. Poco romantico. Tocca accontentarsi dell'Inter (a me riesce bene) e tifare, di tanto in tanto, per qualche squadra "proletaria".

P.S. Ho notato che l'editoriale di riconoscimento a sfondo nerazzurro non è stato (co)firmato da Arturo.. strana coincidenza! :-)

eddie ha detto...

Che dire caro Luca,
il soldo, come tu stessi confermi, negli ultimi anni ha decisamente rappresentato uno dei fattori determinanti per poter raggiungere trionfi nel mondo del calcio. Dai tempi dello scudetto del Napoli e della Sampdoria (ed era il 90/91) segue inevitabilmente chi decide di aprire più o meno sensibilmente il portafogli.
Così è stato per Milan, Juve, Roma, Lazio ed ora Inter…
Aldilà, poi, di ciò che il provinciale tifoso romanista sostiene da tempo, anche la classe arbitrale, senza malizia, segue l’orbita del dio denaro.
Nascondersi dietro un dito o appellarsi a sentenze emesse più per placare l’ira popolare che per rendere giustizia a qualcuno mi sembra un insulto alla decenza ed all’intelligenza di chi osserva.
In quest’ultima stagione è singolare che le prime due compagini si affatichino a dimostrare ed urlare al mondo intero il diritto di assurgere a vittima del sistema.
Personalmente trovo ridicole ambedue le parti, ma ritengo giusto tributare i giusti meriti a chi sul campo ha vinto, a chi anche se con qualche svista arbitrale a favore ha dimostrato di essere più forte.
Trovo tremendamente poco onorevole fermarsi ad osservare solo un lato del campo, ricordarsi di un presunto errore a sfavore e dimenticarsi che magari un minuto prima l’arbitro aveva sbagliato a favore tuo (la Roma, giusto per citare una delle presunte vittime quest’anno ha ricevuto più rigori di ogni altra compagine di serie A!).
Tornando a noi, mi sembrava corretto porgere i mie sinceri complimenti ad una squadra vincente, meno onore forse merita una società che ha continuato a lamentarsi come se l’avessero punita per colpe non sue.
Mi sembrava giusto evidenziare questa discrasia tra la vittoria che dovrebbe cementare un gruppo (non si dice così?) e questo fuggi fuggi alla ricerca di un contratto più ricco… che ti devo dire anche questo il calcio.
Eddie
P.S.
Per quanto riguarda Arturo, credo preferisca scrivere un pezzo sul Toluca, neo vincitore del campionato di clausura messicano, piuttosto che scrivere due righe sui nerazzurri… ma che ti devo dire anche questo è calcio!!

Unknown ha detto...

Caro L,

scusa, ma non mi hai visto in cima ai caroselli a organizzare le celebrazioni? D'altra parte, dopo la gioia cristallina che avevo espresso nel giorno della vittoria di Siena, come potevi pensare che non fossi preda di un entusiasmo folle al raggiungimento dell'imperioso triplete? ;-)
Infrangendo la regola dettata dal sommo A. Fornaciari negli attimi conclusivi di un cd che so esserti particolarmente caro (non negare, sei sempre lì a commuoverti per bringbackthe suninmylife), e cioè che, a volte, la migliore musica è il silenzio, penso che:

l'Inter è fortissima, ma ciò mi sembra che non abbia bisogno di mie conferme;
a Milito dovrebbero dare di corsa il pallone d'oro;
Mourihno ha fatto una grande impresa, quando allenava il Porto (e comunque, tra Mourihno e Inter, tutta la vita Mourihno);
l'Inter, nell'insieme dei suoi comportamenti, esprime il peggio dell'Italia odierna (il che è bizzarro, visto che non c'era un italiano nell'undici titolare);
l'Inter è una squadra a tifo generalista e quindi il suo legame con la città passa quasi in secondo piano, dunque, per quanto mi riguarda, non c'è nulla in cui io possa immedesimarmi quando vince, se non nei suoi numeri impressionanti, nella quantità dei suoi supporter, o nell'arsenale dei suoi campioni (tralascio l'occhio di riguardo, chiamiamolo così, arbitrale, lo strapotere economico, il servilismo mediatico, "ammucchiati in discesa a difesa della loro celebrazione", oggi sono in vena di citazioni).
Questi appunto sono numeri, ma i numeri, per citare un altro tuo grande compagno di bevute, (forse) si possono ammirare ma, di certo, non si possono amare.

sigosiendobostero ha detto...

A me la cosa che da più fastidio è il bacio della maglia.

Ormai se non baci la maglia (che magari indossi solo da pochi mesi) è come se tu fossi in errore.
Un esempio può essere Motta (cito lui solo per riamnere in tema Inter, ma la Serie A è piena di questi episodi).. in nerazzurro da pochissimo e con esperienze di rilievo alle spalle con altre maglie.

Baci e ribaci. Ma di limpido poco.

Luca ha detto...

Si, il bacio della maglia è irritante. Decisamente irritante.

Per il resto, la mia è una presa d'atto. Il calcio vive e si autoalimenta di denaro, con ogni relativa conseguenza; lobbies, pressioni più o meno indirette lecite/illecite ecc. Tutto a favore di chi detiene il potere (cioè il denaro). Però. Però in tale sistema, i calciatori che nell'arco di 4 stagioni gira buona parte delle squadre di vertice non potrebbero evitare scene di gioia/dolore parossistico?
Specie se poi, alleccuriti da proposte contrattuali economicamente migliorative, sono pronti a dichiararsi svincolati la sera stessa della loro maggiore vittoria!
Forse devono piacere a tutti i costi? Allora meglio Muorinho, che per farsi amare non si è adoperato troppo, anche se dalle recenti dichiarazioni pareva interrogarsi sul tema.
Capisco che chiedere l'onestà intellettuale ai calciatori possa essere grottesco... ma un minimo di autenticità!
A forza di "anche questo é il calcio", caro Eddie, cosa rimane?
Perdonate l'eccesso di romanticismo/pessimismo. LP