
Conviene partire dalle recensioni tiepide, come quella per cui l'eccesso di sobrietà finisce per smussare gli angoli oscuri della storia; proseguire con quelle di segno negativo, come quella per cui C. Eastwood vorrebbe propinarci la tesina edificante, unendo retorica politica e sportiva.
Le prime sono consapevoli che al regista non può certo addebitarsi la distanza da abissi e nefandezze umane (per tutti, vedi l'implacabile geometricità di Mystic River), le seconde dovranno farsi una ragione di aspettare un film su un presidente di una squadra di calcio che sia anche capo di un governo, così potranno finalmente appassionarsi a trarre la bellezza dal cattivo gusto, secondo una personalissima rivisitazione del De Andreiàno "dal letame nascono i fior".
Quel che si vede in Invictus è realmente successo, e si sa, come si dice in un recente bel film italiano, che "la verità è noiosa". D'altra parte, se uno necessita di cose mirabolanti, c'è sempre "Il signore degli anelli" a disposizione.
Se invece uno ritiene che più importante della storia è il suo racconto, il modo fecondo con cui la si libera e si smussa perché lo spettatore si trovi di fronte alla sua essenza (che taglia ben più dei rovi posticci per cui certa critica stravede), ecco allora forse vale la pena perderci dietro una serata.
Qui c'è il racconto di un'impresa sportiva, in cui entrano solo le capacità dell'uomo di andare oltre i suoi limiti; c'è la possibilità folle, e il coraggio, di affrontare e battere l'avversario in ipotesi più forte; c'è la vittoria, unica vera, di sottomettere la propria anima a una disciplina, come suggeriscono i versi finali della poesia che N. Mandela fa avere a F. Pienaar, capitano degli Springboks.
C'è lo sport che è davvero metafora di qualcosa.
Ma che sport è?
Il rugby.
Arturo
2 commenti:
quando la verità è più romanzesca della finzione.
il film non l'ho visto, ma mi dicono non si parli dell'intossicazione alimentare dei kiwi il giorno della partita contro i fulgidi padroni di casa.
Caro Anonimo (però converrai che accanto al caro suoni meglio anche un nome o un nome d'arte purchessìa),
non ero al corrente di questa notizia.
Credo comunque che, ai fini di ciò che il film voleva esprimere, il racconto dell'intossicazione non fosse strettamente indispensabile. I vincitori non sono descritti in quanto fulgidi, ma in quanto (quasi) inetti che trovano la forza di andare oltre le loro possibilità (anche il raggiungimento della finale sarebbe stato di per sé un'impresa).
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