martedì 13 aprile 2010

Vele ancora tese, bandiera genovese

Se un giorno dovesse capitare di trovarsi in un lungomare esposto a levante, di vedere pezzi di isola sparsi all'orizzonte, con dietro la sagoma scura di un vulcano che è anche una trottola capovolta, si saprebbe che quel luogo è Cannèto, il borgo minore di Lipari, dalle stanze affittate a prezzo più basso, dai bar senza pretese, dall'ossidiana e dalla pomice sbriciolate sulle bancarelle dei ragazzini (carùsi, bisognerebbe dire, carùsi).
Ci si siederebbe, se fosse la metà di giugno, nella canicola, davanti a un caffè freddo, guardando il colori del mare. Poi qualcuno si avvicinerebbe ricordando una data o un impegno, e con serafica calma, senza muoversi, gli si replicherebbe nel modo con cui da quelle parti ingannano il tempo: "ora".
Cioè dopo, più tardi, forse mai.
Qui nasce, nei primi di maggio del 1941, l'allenatore di calcio Francesco Scoglio.
Da buon isolano, ha disdegnato tutto ciò che non fosse naufragare o affiorare. Con qualche preferenza per la prima opzione, va detto.
A scorgere le bandierine della sezione squadre allenate nella voce di Wikipedia, si percepisce la lunga teoria dei suoi fallimenti. Amava in genere subentrare a campionato in corso, elettrizzare ambienti comatosi, ricorrere a prassi da Stato d'eccezione. Qualche volta ci riusciva, qualche volta no; se andava bene, l'anno dopo, alla sesta o alla tredicesima, veniva puntualmente esonerato, non senza melodrammi.
Ma nella sua totale assenza di ogni vittoria, ha regalato momenti esaltanti.
Nel campionato di serie B del 1985/1986 rischiò di portare in serie A un Messina appena promosso dalla C1. In casa, quelli che lui chiamava "i miei bastardi" (rimasti, tranne Salvatore "Totò" Schillaci e Nicolò "Nicola" Napoli, per lo più senza gloria) giocavano in una bolgia da cui uscirono, quell'anno, sempre imbattuti. All'ingresso in campo, avvicinandosi alla panchina, Scoglio mostrava sempre il pugno a un pubblico in delirio.
Qualche anno più tardi, e questo è il punto, tornò al "Giovanni Celeste" con il Genoa, squadra con cui, finalmente, avrebbe conquistato la serie A. Seppure fosse l'allenatore ospite, non cambiò il modo di salutare, di nuovo col pugno chiuso vicino alla tasca della giacca. Tutto lo stadio si alzò in piedi ad applaudire.
Dove è riuscito a instaurare questo rapporto mistico con la tifoseria non sarà dimenticato, a Genova come a Messina. Più ancora dell'ottimo primo campionato di serie A con il Genoa, resterà negli annali il suo secondo ritorno a Marassi, nella serie B 2001/2002, dove importò degli immaginifici giocatori tunisini, tra cui il terzino Raouf Bouzaiene, che aveva scoperto nella sua prima avventura africana (la seconda fu la Libia, qualche anno più tardi).
Il gol su punizione di Francioso nel derby con la Sampdoria fu l'apoteosi. Lo videro correre verso la curva rossoblu, come per volercisi buttare, come se fosse il mare di Cannèto, di fronte alla porta di casa.
Delle innumerevoli frasi celebri, la più significativa è forse questa: "la sconfitta mi esalta, mi fa assaporare stimoli insostituibili".
E' stato un filibustiere, un venditore di tappeti, un professionista del cardiopalmo. Ma era il genere di uomo che rifiuta i compromessi al rialzo, e che il meglio lo dà sempre gratis, perché certe cose non hanno prezzo.
Se fosse venuto qualcuno a proporgli l'acquisto di quell'ostinata anima isolana per un piatto di lenticchie o una bacheca colma di trofei, di sicuro gli avrebbe risposto "ora".
Cioè dopo, più tardi, forse mai.

Arturo

6 commenti:

Eddie ha detto...

Tu, caro Arturo, citi Francioso e Raouf Bouzaiene, ma in quel Genoa vincitore del derby della lanterna c’erano anche Khaled Badra, Marco Malagò (autore di numerose reti), John Mensah, Paul Codrea, Hassen Gabsi, Imed Mhadhebi, il grandissimo Giovannino Stroppa, Marco Carparelli e il giovanissimo Abdoulay Konko, oltre i futuri tecnici Roberto Breda e Gennarino Ruotolo… in più ricordo il portiere tunisino (alto circa una banana e mezza) Chokri El Ouaer!

Che bei ricordi mi rievoca il Professore delle Lipari…

Picasso Petzschner ha detto...

Gran personaggio il Professor Scoglio. Uno di quelli che mancano nel calcio attuale, svilendone un po' il valore umano. E in ogni caso, bel modo di raccontarlo. Complimenti per lo stile usato in questo blog.

el señor dionigi ha detto...

Arturo, un ritratto davvero dolcissimo, delicato e gustoso come uno spaghetto con i ricci in una serata di fine estate. Le isole siciliane sono quanto di più bello un uomo occidentale possa desiderare, perchè è quelle mediterraneità del pensiero ("ora") e della cucina che ci rende -sì, lo dico- migliori, più raffinati e con maggiori sfumature delle aringhe&formaggio del nord.
Scoglio è stato un personaggio meraviglioso nella sua atipicità, uno di quelli che vanno per la sua strada inseguendo un orizzonte lontano che solo lui (intra)vede, come appunto succede a chi prova il piacere di sedersi a un tavolino di Cannèto a scrutare il mare.
Non ci dimenticheremo mai di lui, anche grazie a ricordi come questi.
Saluti!

Gegenschlag ha detto...

Davvero bello Arturo, delicato nell'idea di ricostruire uno Scoglio domestico, intimo, isolano. La sua morte in TV è probabilmente la beffa di quel destino che gli ha tolto la possibilità di morire in campo, dove avrebbe voluto. La TV vero avamposto e filtro del calcio giocato si è preso il figlio prediletto di quei luoghi dove il profumo dell'erba appena tagliata e il vento che sferza le gradinate sono gli elementi che si unificano e tessono la trama dei confini metafisici del pallone. La forma formante del gioco che ci ha conquistato tutti.
Il professore era campo e passione, sudore e tensione agonistica la sua morte in diretta, un grumo esplosivo di puro calcio, un individuo assoluto.... perché, in fondo, anche lo scoglio è una piccola isola

el señor dionigi ha detto...

"Anche lo scoglio è una piccola isola" è la frase dell'anno, da usare come titolo per qualche silloge di poesia.

Arturo, perdona l'indiscrezione, ma devo chiederti una cosa, siccome non so come fare, quando vuoi puoi mandarmi un'email (iosonobarakaldo@gmail.com)? Grazie!

arturo ha detto...

Mi fa davvero molto piacere che in tutti voi Franco Scoglio abbia suscitato ricordi gradevoli.
Una sera lontana, su un molo pieno di foschia, mi capitò di incontrarlo. Salutò un parente o un amico con quel modo di salutare tipico che si ha di fronte agli aliscafi o alle navi, stringendogli forte le mani come per non sdrucire uno strappo.
Eddie, ricordo che vedemmo assieme quel derby, che esaltazione per tutti quei soggetti improbabili che correvano come indemoniati!
Picasso, grazie per i complimenti, che sai essere ampiamente ricambiati.
Dionigi, già, le aringhe, anche buone una volta ogni otto mesi, ma siamo poi sicuri che escano dal mare? Se devo eccedere in un impeto di mediterraneità, credo che non tutte le acque siano uguali. Ma vaglielo a spiegare agli amanti dei Caraibi.
Gegenschlag, bentrovato, la morte ci ha impedito di assistere a qualche altra sua folle impresa. Non so perché, ma mi viene sempre di associarla alla morte civile calcistica in cui è stato confinato Zeman, un altro che molto avrebbe potuto regalare (e potrebbe ancora) in questi anni.